Come impostare il mio “segnale di fumo”? provare a contribuire a definire le condizioni formali affinché i vari segnali di fumo possano incontrarsi (ognuno definisce i propri punti irrinunciabile, si individuano le chiavi di lettura della realtà, si definisce una base programmatica condivisa …) o offrire alla discussione uno o più ambiti (in funzione delle forze che siamo capaci di mettere in campo) in cui più segnali di fumo possano incontrarsi per operare concretamente ?
Sono sicuramente un praticone inguaribile e quindi istintivamente propendo per la seconda ipotesi. Tuttavia ritengo che ci siano anche altri motivi per preferire la seconda impostazione. La crisi delle ideologie, il disastro sociale, politico ed economico nel quale viviamo credo renderebbero molto difficile un approccio di tipo tradizionale. Individuare uno o più ambiti ai quali si riconosce la possibilità da un lato di creare incontro tra più “segnali di fumo” e dall’altra di rispondere a bisogni reali della città credo potrebbe offrire l’opportunità di ritrovare, attraverso l’azione, comunanza e condivisione capaci di produrre strutture teoriche anche significative. Certo, questo percorso è sicuramente accidentato ed impervio, ma a me sembra di non vedere alternative ad esso, visti i risultati di precedenti esperienze fatte in tal senso. Anche perché, temo, di tempo ne avremo tanto a disposizione, per percorrere questa (o qualsiasi altra) strada !
Quale deve essere, allora, una delle particolarità di questa nuova esperienza che oggi stiamo provando a far decollare e che possa contribuire a garantirle un ragionevole futuro? La mia risposta è: una metodologia capace di rendere il “dire” facilmente trasformabile in “fare”, tramutabile, a sua volta, in nuovo “dire”, in un continuo spiraleggiare tra i due poli. E ciò perché in questa maniera sarà possibile offrire ai cittadini, soffocati da una città violenta e sempre più degradata sia civilmente che economicamente, la possibilità di sperimentare nuovi stili di vita.
È evidente che per opporsi all’immobilismo ed alla corruzione che caratterizzano la vita della città occorre separarsi nettamente dai vari centri di potere con i quali occorrerà, si, instaurare un confronto ma a partire dalle buone pratiche che via via saremo stati in grado di individuare e costruire, in modo da controllare il rischio di contaminazione, ad esempio attraverso la cooptazione, che quel sistema usa regolarmente per corrompere quanto di nuovo si affaccia e si offre alla città.
Insomma dovremo operare per realizzare laboratori in cui sperimentare relazioni, attività economiche e di servizio capaci di cambiare significativamente la qualità della vita della città in modo da far nascere, mostrando concretamente che “un altro mondo è possibile”, nuove energie ed entusiasmi.
Quale il segnale di fumo alla cui emissione contribuisco ?
Da anni opero come socio volontario in una cooperativa che si occupa di commercio equo e solidale (COMES) e al cui interno è attivo da tempo un gruppo di acquisto solidale (GAS).
Sicuramente uno degli elementi caratterizzanti il nostro sistema è la crisi della sua eticità. Qualche esempio forse vale meglio di tanti ragionamenti:
- il Governo italiano ha lanciato una campagna di turismo responsabile volta a contrastare ogni forma di turismo finalizzata allo sfruttamento sessuale dei minori nel Sud del Mondo. L’iniziativa è certamente nobile tuttavia maschera il contesto in cui il turismo sessuale si sviluppa: continuare a considerare l’ambiente (nella sua forma più estesa: naturale ed umana) una merce da sfruttare in modo da trarre il maggior vantaggio individuale.
- il gruppo bancario Intesa-San Paolo ha costituito qualche anno fa una nuova banca (Banca Prossima), il cui “obiettivo statutario è creare valore sociale”. Ma Intesa-San Paolo è leader nel mercato internazionale delle armi. Come è possibile coniugare due paradigmi tanto lontani ?
Il commercio equo ha fatto da sempre del consumo critico uno strumento per sottrarsi alle lusinghe della società dei consumi proponendo la ricerca e la pratica di valori etici da applicare quotidianamente attraverso un processo di consapevolezza e responsabilizzazione. Una frase di Alexander Langer credo sintetizzi bene questo discorso: «Ogni volta che compri un prodotto chiediti in quali condizioni è stato lavorato e fai del tuo consumo un momento di libertà per te e per chi in quell'oggetto ha messo sé stesso e la sua fatica».
Il GAS è nato, in cooperativa, per estendere queste considerazioni dal mondo dei prodotti “coloniali” a quelli prodotti sotto casa nostra, per esempio gli alimentari.
L’idea di base di questi due processi (COMES e GAS) è quella di proporre ad ognuno di noi di trasformarci da consumatore passivo (come vuole la società) in cittadino consapevole, capace, proprio per questo, di opporsi ai valori della società dei consumi e di volerne, quindi, riformulare altri adeguati ad una nuova organizzazione sociale .
Abbandonando la strada degli acquisti e consumi individuali è possibile contribuire a mettere in moto meccanismi che configurano valori e comportamenti compatibili con l’ambiente e rispettosi dei rapporti umani.
Quale la relazione con gli altri “segnali di fumo” ?
La Campania è stata devastata dall’emergenza rifiuti, dalla presenza della camorra e da pratiche politiche ed economiche rapaci e clientelari. Quali le conseguenze ? tra l’altro:
- terreni inquinati
- colture e prodotti alimentari dannosi per la salute
- economia basata sempre più su criteri di rapina e clientela
- tessuto sociale dilaniato
Più esplicitamente:
- lotta agli ogm ed al brevetto dei semi perché impediscono al Nord come al Sud di considerare il cibo come un bene e non come una merce;
- opposizione all’istallazione di inceneritori, che provocando inquinamento, impediscono il diritto alla salute, lo sviluppo dell’ambiente mentre favoriscono la distruzione dell’economia locale
- mappa dei terreni inquinati, loro bonifica e trasformazione economica per il periodo della bonifica perché solo sapendo dove vengono prodotti i nostri alimenti, possiamo costruire alleanze positive tra produttori e consumatori, capaci di opporsi alle filiere industriali della grande distribuzione
- diffusione nelle zone, non bisognose di bonifiche, di produzioni realmente biologiche
- creazione di reti di distribuzione di alimenti biologici a chilometro zero con qualità controllata e prezzi definiti in maniera condivisa e non secondo le “oggettive” leggi di mercato
- campagna capillare di alimentazione e stili di vita corretti
- costruzione di cooperative capaci di gestire in maniera trasparente e partecipata bonifiche, nuove produzioni agricole, nuove reti di distribuzione
- attraverso la individuazione dell’esistenza dell’equazione Acquisto / Consumo = Produzione / Rifiuto costruzione di rapporti rispettosi dell’ambiente
- sviluppare reti di finanza etica (sia “istituzionale” –Banca Etica- che legata al territorio –MAG, JAK, …) capaci di dare gambe ed energie alle iniziative che si sviluppano nel territorio ed al quale cercano di restituire dignità e coesione
- ….
Questa molteplicità di aspetti può mettere in rete molte esperienze già presenti sul territorio dando loro una prospettiva completamente nuova e contemporaneamente definendo relazioni con le istituzioni non formali, nell’ambito dell’economia solidale.
Massimo Lampa
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